Stalking: Quando le attenzioni diventano un problema
Donna vittima di Stalking, arrestato per stalking, perseguitava l’ex e finisce in manette… le pagine dei giornali sono piene di episodi che nella maggior parte dei casi finiscono male. Ma cos’è lo Stalking, perché questo fenomeno è cosi diffuso? Lo chiediamo alla dottoressa Alessia Micoli Psicologa: Lo stalking è un fenomeno molto diffuso e complesso che, purtroppo, nel nostro paese ha avuto un percorso esteso e travagliato prima di essere riconosciuto come un vero e proprio reato.
La progressiva diffusione di atti persecutori nei confronti di vittime e la cronaca hanno permesso l’elaborazione del tutto. Non esiste una definizione generalmente accettata di stalking. Nel corso degli ultimi ventenni ha raggiunto un’ampia estensione: gli studi accademici, l’attenzione da parte dei media, la quantità di casi che sono discussi nelle aule di tribunale, hanno messo in risalto che non si tratta di un crimine che coinvolge solo determinate persone o gente dello spettacolo, come si potrebbe ingenuamente pensare, bensì interessa la gente comune. Ed aumentano le richieste di ascolto e dio aiuto nei nostri studi. È stato definito come “la malattia della modernità”. Cosa fa scaturire lo stalking? l’instabilità sentimentale e la rottura del rapporto. Chi è lo stalker? E’ lo schiavo di sé stesso; colui che perseguita, minaccia, maltratta la vittima, riuscendo a far scaturire in lei stati di ansia e di paura che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità. La manifestazione esterna che mette in atto sotto forma di minaccia, che utilizza, è lo strumento valevole per fare in modo di poter limitare la libertà psicologica della propria vittima. La paura, che lo stalker riesce a creare nella vittima, è un’ansia pervasiva riconosciuta come quella emozione di difesa provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotto dalla fantasia ed è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui il responsabile è il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione di emergenza disponendolo all’apprestamento delle difese che vengono tradotte in atteggiamenti di fuga e di lotta. E la vittima? La vittima è quel soggetto che, senza aver violato regole convenute, è sottoposto ad angherie, maltrattamenti e sofferenze di ogni genere, spesso per effetto di quel
meccanismo proiettivo che istituisce un capro espiatorio; è una persona sola con caratteristiche che possono influenzare e suggestionare l’aggressore con il comportamento, a volte troppo impaurito, passivo o irritante. Chi si rivolge allo psicologo? Per lo più donne preoccupate per la propria incolumità, hanno la necessità di poter comprendere cosa accadrà dopo la triste esperienza patita, che tentano di uscire dal tunnel del trauma causato dalle attività di stalking nei loro confronti. Donne che non riescono più a reagire e a fronteggiare determinate situazioni. Molto spesso sono giovani ragazze che non riescono a lasciare il fidanzato o a “disfarsi” del rapporto. Cosa chiedono allo psicologo? Il ruolo del clinico è quello di inquadrare nosograficamente il disturbo di cui è affetta la vittima: una depressione, degli attacchi di panico, il disturbo post traumatico da stress, il disturbo dell’adattamento o il “disturbo di dipendenza”, che non riguarda la droga ma è strettamente legato alla persona che crea molti problemi; e, quindi, di trattare determinate sintomatologie. Difatti chiedono un sostegno prolungato, un ascolto e la possibilità di uscire dal tunnel della paura. E lo stalker? Lo stalker arriva raramente nei nostri studi, ciò accade dopo che si è essersi reso conto che vuole davvero cambiare, che è diventato schiavo dei propri comportamenti che se non mette in atto sta male. Spesso è portato da un amico o da un familiare ed in casi rari, giunge dopo aver scontato un periodo presso una casa circondariale. È fondamentale poter riportare il soggetto ad un giusto equilibrio psicologico. In entrambe i casi, i percorsi psicologici sono lunghi, ma fortunatamente aiutano l’individuo a sciogliere quell’orribile matassa che ha dentro.
Risponde la psicologa
dott.ssa Alessia Micoli
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