Sconfiggere l’epatite C: un futuro possibile e sostenibile.
Professori ed esperti del settore si sono riuniti, questa mattina, presso la multinazionale farmaceutica di Campoverde, fiore all’occhiello del territorio, per fare il punto della situazione sull’introduzione nel sistema sanitario nazionale del farmaco utile alla cura dell’Epatite C prodotto proprio da Abbvie. La nuova classe di farmaci ad azione antivirale diretta rappresenta uno fra i più importanti successi finora ottenuti nella terapia medica di una malattia cronica per il notevole incremento dei livelli di efficacia. La lotta all’epatite C è da considerarsi un investimento sostenibile per la salute, come dimostrano, dal punto di vista clinico, le ultime ricerche sui nuovi farmaci antivirali con risultati che sfiorano il 100% di guarigioni. Inoltre, dal punto di vista della sostenibilità, uno studio di simulazione della domanda sanitaria appena pubblicato su “Global & Regional Health Technology Assessment” può contribuire a prevedere il peso economico sostenuto dal Servizio Sanitario italiano per il trattamento e la cura della malattia per i prossimi 10, 20 e 30 anni. “Il nostro studio dimostra che il costo che dovrà essere sostenuto dal SSN per l’utilizzo dei nuovi farmaci anti-HCV può essere sostenibile e può garantire un altissimo tasso di guarigione. – ha dichiarato Francesco Saverio Mennini, Research Director del CEIS EEHTA dell’Università di Roma “Tor Vergata” e dell’Institute for Leadership and Management in Health della Kingston University di Londra – Questo modello è il primo tentativo di stimare il risparmio che l’uso dei nuovi farmaci anti-HCV potrebbe generare nel tempo. In un contesto di risorse limitate, l’investimento in salute dovrebbe essere riservato a quei regimi terapeutici innovativi che offrono percentuali di efficacia così alta da consentire al sistema sanitario italiano di ammortizzare la spesa grazie ai risparmi indotti.”In Italia, l’epatite C riguarda circa 300.000 persone diagnosticate, ma ne interessa molte di più. Si stima infatti che oltre 1,2 milioni di italiani siano positivi all’HCV, vale a dire il 2,1% della popolazione. Tra i pazienti che acquisiscono l’infezione da HCV, oltre il 90% diventa portatore cronico, sviluppando nel 65-95% dei casi un’epatopatia cronica e nel 10-30% dei casi un rischio di evolvere in cirrosi nell’arco di 25-30 anni. I dati indicano che l’onere complessivo, comprendente costi diretti e indiretti, dell’epatite C prima della recente introduzione delle nuove terapie prive di interferone, si attestava intorno al miliardo di euro all’anno. “Il rilevante impatto della malattia in termini epidemiologici comporterà per il Sistema Sanitario Nazionale italiano l’esigenza di affrontare nei prossimi 5-10 anni un gran numero di cure per un numero sempre crescente di pazienti – ha precisato Massimo Andreoni, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università di Roma “Tor Vergata” e Presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) – il cui trattamento può essere molto complesso a causa delle diverse tipologie – quali ad esempio i pazienti con cirrosi, coloro che hanno ricevuto il trapianto di fegato e i pazienti con co-infezione da virus dell’HIV – e della rapidità del processo di mutazione e replicazione virale che caratterizza il virus dell’HCV.” Il modello messo a punto da Francesco Saverio Mennini, Research Director del CEIS EEHTA dell’Università di Roma “Tor Vergata” e dell’Institute for Leadership and Management in Health della Kingston University di Londra, Andrea Marcellusi e Raffaella Viti, del CEIS EEHTA dell’Università di Roma “Tor Vergata” e Massimo Andreoni, dell’Università di Roma “Tor Vergata”, simula l’evoluzione dello stato di salute e delle spese sanitarie per le persone con HCV in Italia. Per la stima dei costi sono stati considerati sia i costi diretti sanitari (ospedalizzazioni, farmaci, trattamento e cura dei pazienti), sia i costi indiretti intesi come perdita di produttività dovuta ad assenza dal lavoro causata dalla malattia.“L’obiettivo di questo studio è stato quello di descrivere l’onere epidemiologico ed economico che l’HCV comporterà nel corso dei prossimi anni in Italia. – dichiara Francesco Saverio Mennini,Research Director del CEIS EEHTA – In particolare è stata analizzata la riduzione dei costi ottenuta grazie all’introduzione delle nuove terapie. Il modello di proiezione demografica ha consentito di stimare un’importante riduzione sia in termini epidemiologici che di costo a carico della società italiana in riferimento all’HCV e alle patologie a esso correlate. È stato possibile dimostrare una riduzione di oltre 156.000 eventi HCV-correlati nel medio periodo (2014-2030), quali fibrosi F3, cirrosi, epatocarcinoma, trapianti e decessi, e una riduzione dei costi sanitari (diretti e indiretti) tra €13.000 e €18.000 per paziente trattato con i nuovi farmaci anti-HCV. Una quota importante del costo per paziente trattato può essere bilanciata con la riduzione dei costi diretti e indiretti causati dalla maggiore efficacia dei nuovi trattamenti. Questi risultati saranno ancora più consistenti grazie ai trattamenti più recenti che risultano più efficaci rispetto a quelli considerati nel nostro studio. Grazie a questi farmaci è possibile ridurre i costi di gestione in tutto il percorso terapeutico del paziente”. Fra i farmaci innovativi recentemente approvati in Italia per il trattamento dell’epatite C, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato lo scorso 25 maggio l’immissione in commercio del regime terapeutico anti-HCV di AbbVie. Si tratta di una terapia completamente orale, priva di interferone, a base di VIEKIRAX®(ombitasvir/paritaprevir/ritonavir compresse) + EXVIERA®(dasabuvir compresse), con o senza ribavirina (RBV), per il trattamento di pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) di genotipo 1 e 4. Si tratta del primo regime per l’epatite C cronica, privo di interferone e completamente orale, che combina tre agenti antivirali ad azione diretta, ciascuno caratterizzato da un diverso meccanismo d’azione e da profili di resistenza non sovrapposti, diretti contro il virusdell’epatite C nelle varie fasi del suo ciclo vitale. Il regime combinato di AbbVie consente di trattare i pazienti con HCV di genotipo 1 e 4, compresi i casi considerati difficili da trattare quali ad esempio pazienti affetti da cirrosi epatica, co-infezione HCV/HIV-1, pazienti sottoposti a trapianto di fegato e i soggetti per cui è fallito un precedente trattamento con interferone peghilato (pegIFN) e ribavirina (RBV), con percentuali di guarigione del 95-100%. Il principio attivo di uno dei farmaci compresi nel trattamento – EXVIERA® (dasabuvir) – è prodotto in Italia nello Stabilimento di eccellenza AbbVie Italia di Campoverde di Aprilia (LT) per tutto il mondo. “La disponibilità di questi nuovi trattamenti in grado di guarire rapidamente e definitivamente i pazienti è una rivoluzione medica. – ha detto Antonio Craxì, Professore Ordinario di Gastroenterologia, Dipartimento Universitario Di.Bi.M.I.S., Università degli Studi di Palermo – Il regime VIEKIRAX+ EXVIERA, che combina tre agenti antivirali ad azione diretta che combattono il virus dell’epatite C in diverse fasi del suo ciclo vitale, garantisce tassi elevati di guarigione anche nei casi considerati difficili da trattare. I dati generati dagli studi confermano infatti la capacità di questa terapia innovativa senza interferone di assicurare una risposta virologica sostenuta a 12 settimane (SVR12) nel 97% dei pazienti affetti da epatite cronica C con infezione da HCV di genotipo 1 e, in associazione con Ribavirina, nel 100% dei pazienti con genotipo 4; il 100% nei pazienti affetti da HCV di genotipo 1b e cirrosi epatica compensata; il 94% nelle co-infezioni HCV/HIV-1; il 97% di guarigioni nei pazienti sottoposti a trapianto epatico.” “Investire nell’innovazione può cambiare la storia dell’epatite C – ha precisato Fabrizio Greco, AD AbbVie – Nell’ultimo anno AbbVie ha investito 2,5 miliardi di dollari nella ricerca di farmaci innovativi. L’innovazione è un elemento a supporto della sostenibilità e una sanità sostenibile rappresenta un obiettivo realizzabile, ma ciò sarà possibile solo attraverso un’azione comune e l’impegno fattivo di tutti gli stakeholder del sistema salute.”