Bullismo: la responsabilità dei genitori per culpa in educando e per culpa in vigilando.
a cura della dr.ssa Alessia Micoli, Psicologa Criminologa
Il bullismo è un fenomeno oramai molto diffuso, un malessere sociale che si sviluppa in una serie di agiti. Il significato deriva dal termine anglosassone, in quanto i primi studi furono effettuati in Scandinavia, poi un Gran Bretagna ed in Australia. In letteratura troviamo, l’ “Oxford Dictionary” del 1990, in cui si sostiene che il termine bully denota “una persona che usa la propria forza o potere per intimorire o danneggiare una persona più debole”. Invece in Scandinavia la parola utilizzata per riferirsi al bullismo è “mobbing”. Il significato inglese non evidenzia un atteggiamento, bensì una determinata modalità di relazione tra due o più soggetti, difatti spesso si pena che avvenga tra due persone, ma può avvenire anche e soprattutto nei gruppi. Giuridicamente il fenomeno del bullismo disegna un agito illecito diretto verso un altro soggetto. Per poter riuscire a definire questo bisogno alcune caratteristiche all’interno: l’intenzionalità, la persistenza e l’asimmetria nella relazione. È assai difficoltoso riuscire a formulare un identikit del bullo, ma la psicologia fornisce precisazioni sui differenti processi insiti nella evoluzione psicologica e nei rapporti interpersonali dell’individuo, utili per poterlo comprendere. Ciascun bambino dalla nascita è dotato di pulsioni che sono alla base del suo essere amato ed impara ad amare mediante la propria realtà fattuale; nel corso dello sviluppo si diminuisce l’angoscia e diviene maggiore la capacità di fronteggiarla grazie alla crescita del Super Io., condizione molto evidente nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza. In questa fase svolge un ruolo importante l’organizzazione della vita sociale del soggetto. La famiglia è il perno basilare per l’individuo e per il suo sviluppo psicologico, in essa vengono sviluppati i modelli delle relazioni interpersonali, che sono alla base di quegli agiti che verranno presentati nel corso della vita; un soggetto cresciuto in un ambiente affettivo in cui ci sono buone relazioni avrà una personalità matura e sarà in grado di poter apprendere comportamenti sociali che lo aiuteranno a non sentirsi inadeguato e non accettato. Il minore trascorre la maggior parte della giornata a scuola e moltissimi casi di bullismo accadono all’interno delle mura scolastiche, quando il bullo ha la possibilità di “sopraffare” un altro soggetto. Quando il minore mette in atto dei comportamenti di bullismo, specialmente a scuola, i genitori sono chiamati a rispondere di ciò che è accaduto. Molto spesso i genitori non sono a conoscenza di quanto accade per svariate situazioni: problemi familiari, separazioni coniugali conflittuali in atto, perdita di un familiare, o semplicemente assenza di dialogo con i figli. I genitori del “bullo” sono vengono chiamati dei danni causati o dal compimento di atti bullismo a seconda dei casi per culpa in vigilando o per culpa in educando, con procedimento civile. Determinata forma di responsabilità, in cui i genitori, sono costantemente i responsabili dell’educazione dei propri figli è stata chiarita dalla Corte di Cassazione. La giurisprudenza chiarisce che vi sono due tipi di responsabilità per i fatti illeciti dei minori, culpa in vigilando, a carico dei genitori, dei precettori e dei maestri d’arte che sono liberati dalla responsabilità solamente se provano di non aver potuto impedire il fatto con presunzione di colpa e culpa in educando dei genitori quando non hanno impartito al figlio una adeguata educazione così come previsto dall’art. 2048 c. c. recante: “responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori, dei maestri d’arte”.
Bibliografia
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