Abolizione delle provincie, fine dei giochi

Abolizione delle provincie, fine dei giochi
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L’Italia delle polemiche non trova pace, è da qualche giorno che non si parla d’altro, l’abolizione delle province. Da oltre trent’anni si parla di cancellarle o, comunque, di ridurle sensibilmente, con effetti del tutto opposti. Erano, infatti, 95 negli anni Settanta, e già si parlava di “abolirle”, rimpiazzarle con altri enti intermedi.

Negli anni Novanta sono salite a 103, oggi sono divenute 110. Il problema è che le Province non sono solamente ambiti amministrativi e di governo locale, ma rappresentano, da sempre, un riferimento dell’appartenenza territoriale per le persone. Le Province servono a “posizionarci” e a definirci, rispetto agli altri “italiani”, costituiscono sistemi urbani, economici, sociali e politici. Si occupano di trasporti, ambiente, edilizia scolastica e costituiscono il principale ambito di “mediazione” fra i Comuni e le Regioni.

Soprattutto per i Municipi più piccoli, si tratta d’istituzioni utili ad accorciare le distanze dai centri del Potere Stato-Regionale. Per ragioni “tecniche” molto ragionevoli, orientate dalla spending review, mossi dalla necessità di revisione e riduzione della spesa pubblica ecco che, il ministro Letta ha presentato un disegno di legge costituzionale per l’abolizione delle Province e, la conseguente presentazione di un disegno di legge per il riordino istituzionale degli Enti locali.

A tal proposito abbiamo incontrato il presidente della Provincia di Latina Armando Cusani e in modo diretto abbiamo chiesto: quanto costa la gestione di un Ente come “La Provincia”? Le 110 Province italiane costano 105.161.000 milioni di euro, vale a dire 1,77 euro pro capite. Un dato che non viene mai evidenziato, è che non sono previste, per gli organi di governo provinciale, né pensioni, né vitalizi, né buone uscita. Né questi ultimi beneficiano di alcun finanziamento ai partiti. Un Consigliere provinciale percepisce un gettone di presenza, pari a 77, 50 euro lordi cui si aggiunge un rimborso spese viaggio calcolate su Km effettivi a costo di mercato, e solo se partecipa alle sedute della Commissione o del Consiglio. Si è chiesto alle Province, che rappresentano l’1,26% della spesa pubblica, di contribuire al risanamento del Paese tagliando i propri bilanci del 25% cosa che altri Enti come le Regioni non hanno fatto anzi, in 10 anni, sono aumentate di 100 miliardi le spese dell’amministrazione centrale e di 40 miliardi quelle delle Regioni.

L’Ente Regione invece quanto costa? I costi della politica regionale sono di tutt’altra consistenza, parliamo di cifre non paragonabili. La battaglia all’ultimo voto nel Lazio ha significato il raggiungimento di uno stipendio pari a 9.958 euro mensili per consigliere cui si sommano indennità, rimborsi spese e vitalizi. Nel loro complesso i costi della politica regionale pesano per 842.483.000 milioni di euro l’anno, pari ad un costo pro capite di 14,18 euro.

Quanto risparmierebbe lo Stato abolendo le Province e mantenendo gli stessi servizi? Non si stimano risparmi, né si assicurano i medesimi servizi. Oltre a non esserci un Ente cui potrebbero andare, con la medesima efficacia e qualità, i servizi erogati dalle Province, la riallocazione delle funzioni alla Regione andrebbe a produrre un costo aggiuntivo del 38% in più. Considerando poi che, i dipendenti provinciali, andrebbero a parificare il loro attuale stipendio a quello dei regionali, in media superiore del 30%, ci sarebbe un costo aggiuntivo di 4 milioni di euro in più per la Regione Lazio, solo per i dipendenti della Provincia di Latina. Se davvero si volesse eliminare il costo vivo della politica, basterebbe guardare con lucidità agli oltre 7000 Enti Strumentali (Consorzi, Aziende, Società) che occupano circa 24 mila persone nei consigli di amministrazione e i cui costi (compensi, spese di rappresentanza, funzionamento dei consigli di amministrazione) nel 2010 ammontavano a 2,5 miliardi. Eliminare questi enti consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le province. Senza contare poi che 318 mila persone hanno incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione e per questo lo Stato ha speso nel 2009 circa 3 miliardi di euro. Un riordino meno demagogico sarebbe partito dall’eliminazione di questi enti e società, che duplicano e si sovrappongono alle funzioni fondamentali d’istituzioni riconosciute dalla Costituzione, com’è il caso delle Province, i cui rappresentanti sono eletti direttamente dal popolo ed al popolo rispondono. E così ci troviamo di fronte a 222 ATO (Ambito Territoriale Ottimale) di acque e rifiuti, 191 Consorzi di Bonifica, 63 Bacini Imbriferi, innumerevoli Agenzie, per un totale di 3.127 di cui 91 nel Lazio, ed una spesa pari a 7.026.105.352 euro, il cui operato è del tutto sottratto al giudizio del cittadino elettore. Le Province nel 2012 hanno pesato sulla spesa pubblica per l’1,26%, ossia 11 miliardi di euro su un totale di 805. Poca roba se paragonata con la spesa delle Amministrazioni centrali, ben 141 miliardi di euro, e con quella delle Regioni, che hanno registrato spese per 182 miliardi di euro nel 2012, soprattutto a causa della voce sanità. Se poi consideriamo che i lavoratori degli enti provinciali saranno salvaguardati e le funzioni delle Province saranno conferite a Regioni e Comuni, il risparmio di spesa, più tangibile ed immediato, resta quello relativo ai compensi degli eletti nelle istituzioni provinciali: poco più di 100 milioni di euro l’anno.

Conoscendo la burocrazia italiana, e rispettando i tempi che la legge impone, se domani fossero abrogate le Province, per il passaggio di consegne ci vorranno almeno sei mesi. Quali saranno i primi disagi (territorialmente parlando)? Il disagio deriva dalla perdita di un ente di riferimento nel governo del territorio, di un supporto ai nostri Comuni soprattutto quelli di dimensioni più piccole ai quali la Provincia assicura da anni un valido supporto. Poi il disagio di non avere dei riferimenti diretti, sostituiti da livelli di governo inadeguati. Si pensi alla Regione, alla sua mastodontica organizzazione, già oggi, su certi temi, inadeguata ed inefficiente, che dovrebbe offrire una buona legislazione utile al territorio, affannarsi a garantire tutte le strade della Provincia, o le scuole di secondo grado, od ancora gestire della mobilità locale di tutta la regione, e poi dei rifiuti, dell’ambiente, del turismo differenziando le azioni a seconda che si tratti di Latina, Roma o Frosinone. Otterremo un appiattimento lineare delle scelte regionali, oppure cosa più probabile l’acuirsi, inevitabile, del divario determinato dall’egemonia romanocentrica, che sposterà gli interessi regionali verso i centri di potere della Capitale.

All’atto pratico, l’abolizione della Provincia, che ricaduta avrebbe sui cittadini? Non ci saranno organi politici eletti: niente presidente, niente giunta, niente consiglio. Ci sarà un governo concentrato sui problemi delle municipalità senza una cornice di area vasta e sovracomunale, annichilita da un regionalismo burocratico che smetterà di produrre leggi, gravato dai problemi derivanti dalla gestione amministrativa delle funzioni sino a che tornerà a delegarli ad enti strumentali, pararegionali, succedanei delle Province abolite, chiamati a rispondere alle tecnocrazie piuttosto che ad organi eletti. È un peccato, perché in un Paese dalla pressione fiscale record, alla ricerca affannosa di una via verso la ripresa che non può non passare da un alleggerimento dell’amministrazione, di proposte credibili su un terreno che intreccia fisco, spesa pubblica e assetto istituzionale, c’è un bisogno disperato. Sono convinto che qualunque riforma debba partire dalla conoscenza della realtà, fondata su dati certi, su tutta la pubblica amministrazione. A mio avviso, per rinnovare le istituzioni occorre una riforma organica del Titolo V che riguardi tutti: Stato, Regioni, Province e Comuni, non si può prescindere da un Ente intermedio di area vasta, che esiste in tutti i paesi europei. Il vero obiettivo del Paese deve essere: semplificare la Pubblica Amministrazione, riordinando le funzioni amministrative ed eliminare le sovrapposizioni tra Enti.


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