Se i rifiuti fossero Oro: dalla discarica il benessere per tutti.
Il problema dei rifiuti in provincia di Latina ha assunto negli ultimi anni proporzioni tali da diventare drammatico, non solo dal punto di vista ecologico e sanitario ma anche delle tensioni sociali. Lo smaltimento illegale di rifiuti industriali è il più pericoloso campo d’attività delle ecomafie e uno tra i business illegali più redditizio. Anziché essere trattati e gestiti secondo le norme, che ne assicurano lo smaltimento in regime di sicurezza ambientale e sanitaria, i rifiuti speciali sono nascosti e così avvelenano l’aria, contaminano le falde acquifere, inquinano i fiumi e le coltivazioni agricole, minacciano la salute dei cittadini, contaminando con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene i prodotti alimentari. Anche lo smaltimento dei rifiuti comuni diventa un problema e, l’umido diventa scomodo percolato difficile da gestire. “La terra dei fuochi siamo noi!” E’ così che si è aperto uno degli interventi all’assemblea pubblica, voluta dai cittadini dei “comitati riuniti borghi nord di Latina” che si è tenuta nella sala parrocchiale di Borgo Bainsizza. Aria irrespirabile, acqua contaminata, morti per tumori in crescente aumento, questa la denuncia dei cittadini che aggiungono alla lista anche la realizzazione di un nuovo impianto di decompostaggio. C’è da dire che alla realizzazione del nuovo impianto di compostaggio, da realizzare tra Borgo Santa Maria e Borgo Bainsizza, si è già opposto il comune. Diverse le motivazioni che hanno spinto verso il secco “no”, prima fra tutte quella in termini di localizzazione fabbisogno. Il nuovo impianto di trattamento dei rifiuti sorgerebbe in un’area agricola già fortemente gravata da servitù altamente impattanti (Discariche, Centrale Nucleare…). Poi, la potenzialità di trattamento che è dichiarata, nel progetto della Self Garden, è pari a 80mila tonnellate annue di Rifiuto Umido, mentre il Piano dei rifiuti della Regione Lazio prevede, per la provincia pontina, un fabbisogno impiantistico di 81.889 tonnellate annue. Bisogna sapere che, in provincia di Latina, esistono già altri cinque impianti che complessivamente hanno una capacità di trattamento pari a 206.000 tonnellate annue. Gli impianti non sono però in grado di trattare le quantità di Rifiuti Umidi per i quali sono autorizzati, infatti, una buona parte dei rifiuti organici del Comune di Latina, è portata in Emilia Romagna. E non osiamo immaginare cosa succederà nei prossimi anni quando, la raccolta differenziata tenderà ad aumentare con il conseguente aumento della frazione organica. Nonostante queste considerazioni, l’impianto di Compostaggio di Self Garden, è sicuramente sovradimensionato rispetto alla producibilità della nostra Provincia. In pratica, per utilizzarlo a pieno, bisognerebbe far arrivare la materia prima (rifiuti umidi) da altri ambiti territoriali. Problema scongiurato quindi, ma le ostilità restano aperte. I cittadini sono sul piede di guerra. La zona dei borghi, non del tutto coperta dagli impianti dell’acqua pubblica, attinge dai pozzi che pescano da falde inquinate. La rete fognaria è insufficiente e lascia scoperte intere nuove lottizzazioni. Di depuratori, nemmeno a parlarne. Quello che manca è un piano “serio” per lo smaltimento dei rifiuti. Com’è noto, la normativa Regionale prevede che in discarica siano conferiti rifiuti, del singolo comune, provenienti da una raccolta differenziata del 65%, oppure di rifiuti pretrattati. Il “toto” numeri della raccolta differenziata dice che, il comune di Latina, ha toccato quota 34,5%, “ancora troppo poco” sostiene il Sindaco di Giovanni Di Giorgi che, al recente convegno “La Raccolta Differenziata di Qualità”, tenutosi a Latina lo scorso 7 Aprile ed organizzato da Latina Innovazione, ha detto – “Siamo in un momento molto delicato con la società partecipata che si occupa della raccolta dei rifiuti, il 2015 è uno spartiacque importante, al quale dobbiamo arrivare preparati; proprio per questo motivo credo che parlare di raccolta differenziata di qualità, ora, sia fondamentale”. Dal lavoro dei relatori è emerso come, da recentissimi adeguamenti legislativi, sia divenuto possibile realizzare impianti di produzione di biometano da FORSU (cioè da rifiuti alimentari di origine commerciale o domestica, in sostanza l’umido), dai rifiuti della produzione agroindustriale e dai fanghi di depurazione delle acque civili. “Il biometano è un biogas che ha subito un processo di raffinazione per arrivare ad una concentrazione di metano del 95% – ha spiegato Sofia Mannelli, presidente di Chimica Verde e consigliere di tre Ministri per le politiche agricole, agroalimentari e forestali – e può essere utilizzato come biocombustibile per i veicoli a motore al pari del gas naturale, cioè del metano fossile”. L’Italia, dal 1930, usa biometano nei trasporti e in questo siamo stati leader nel mondo. Il biometano costa meno del petrolio, è rinnovabile, ha una maggiore autosufficienza energetica, può essere immesso nell’attuale rete senza costi aggiuntivi, ha minori emissioni climalteranti e si può stoccare. Fino ad oggi, la frazione umida, a differenza del vetro, della carta, dell’alluminio e della plastica, non è mai stata trasformata in energia ma, diventando percolato, riempie le discariche ed inquina la terra e le falde acquifere. Da oggi è possibile lavorare l’umido e trasformarlo in ricchezza, in risorsa, è assurdo considerarlo soltanto “rifiuto”. Educazione al conferimento dei rifiuti questo manca, i cittadini, la pubblica amministrazione dovrebbero adottare la regola delle “4 R” Ridurre, Riusare, Riciclare e Recuperare. Esempi virtuosi di com’è possibile realizzare quest’approccio di management ambientale arrivano dalla Finlandia, dalla Svezia e dalla Germania, che ad oggi conferiscono in discarica meno del 5% dei rifiuti prodotti, convinti che il rifiuto non sia un problema ma una risorsa. In questi paesi, in cui sono attivi da tempo modelli altamente sostenibili di gestione ambientale dei rifiuti, carta e cartone, plastica, metalli, umido e persino l’indifferenziato (seppur presente in piccole quantità grazie alle elevate percentuali di raccolta differenziata) trovano una nuova ricollocazione all’interno di nuovi cicli produttivi. Anche in Italia ci sono delle realtà virtuose, i comuni di Peccioli (PI) e di Sogliano al Rubicone (FC), paesi in cui lo smaltimento dei rifiuti è diventato un business comunale del quale beneficiano tutti i cittadini. La società Belvedere, che gestisce i rifiuti a Peccioli, funziona come una “public company”: i cittadini comprano le azioni e, a fine anno, dividono quasi il 10 per cento degli utili. In pratica, il Comune rimpingua le proprie casse e può così falciare le imposte comunali. TARSU, IMU, trasporti e mensa scolastica sono tutte spese bassissime per i pecciolesi. Sogliano al Rubicone, il bel paesino dell’Appennino romagnolo conta circa 2.900 abitanti, ospita la discarica di Ginestreto, dove vengono conferite circa 160.000 tonnellate di rifiuti/anno. L’84% degli utili del comune proviene dalla discarica (metà per i rifiuti conferiti, metà per l’energia elettrica prodotta con il biogas). Metà degli utili va al sociale, mentre l’altra metà va nelle opere pubbliche. I soglianesi hanno in cambio della discarica: € 2 .000 per ogni figlio nato; asilo nido gratis, scuola materna gratis sotto una certa soglia di reddito, rimborso dei libri per la scuola superiore e università gratis (fino €1500 di tasse); per chi compra casa, il Comune paga il 60% degli interessi passivi; navetta gratuita per andare al mercato e scuolabus per i ragazzi; corsi di vario tipo per i cittadini: dall’inglese ai vecchi mestieri; Detrazione sulla casa di 250 euro. Il sindaco di Sogliano ha un’idea molto positiva della spazzatura: “I rifiuti sono una materia prima – dice – basta saperla utilizzare al meglio e crea ricchezza, risolvendo molti problemi”. Stabilito che, tutto si recupera e con le tecnologie attuali, tutto può essere destinato a nuova vita, mandando in discarica solamente una piccola parte residua e comunque inerte, potremmo ricavare “oro” dai nostri rifiuti. Per fare ciò è necessario costruire sul territorio una consapevolezza tecnico scientifica, per poter giudicare la pericolosità o meno degli impianti necessari per estrarre “oro” dai Rifiuti nel rispetto dell’ambiente e degli interessi di tutti. Basta pensare ognuno per se, per i propri interessi personali ed economici: Riprendiamo il senso civico del bene di tutti. Diciamo “basta” alle false promesse, e cominciamo ad agire.