L’Agricoltura Blu

L’Agricoltura Blu
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L’agricoltura mondiale, a diverso titolo, negli ultimi decenni è stata accusata di disboscamento insensato, d’impoverimento dei nutrienti del terreno, di spreco di acqua, d’inquinamento delle falde e delle acque superficiali. La salvaguardia dell’ambiente deve necessariamente passare anche per una diversa modulazione della produzione agricola abbandonando le colture intensive e acquisendo la consapevolezza che il terreno non è un bene illimitato e permanente, ma fa parte di quell’apparato funzionale come acqua e aria non più infinito. L’agricoltura blu è il termine con cui in Italia ci si riferisce alla semina su terreno non lavorato con semina su sodo o semina diretta, insomma la via italiana all’agricoltura conservativa, è un sistema di coltivazione sostenibile che dà particolare risalto e valore al suolo, esso non è considerato un substrato inerte, ma un essere vivente, dove tutti gli nuove piantineorganismi presenti hanno un ruolo fondamentale, la componente vivente del suolo comprende un gran numero di micro e macro organismi (batteri, funghi, lombrichi, artropodi ecc.) che contribuiscono alla formazione del suolo, alla mobilitazione e al riciclo dei nutrienti e al controllo biologico degli organismi nocivi aumentandone significativamente la sostanza organica. Nell’agricoltura convenzionale il terreno viene “disturbato” dalle lavorazioni e lasciato nudo per lunghi periodi, nell’agricoltura conservativa si rinuncia alla lavorazione e si punta ad avere la copertura più duratura possibile lasciando i residui colturali sugli appezzamenti. Questa modalità crea alimento e rifugio per molti animali soprattutto nei periodi critici della loro vita, aumentando su questi terreni la presenza di uccelli, mammiferi rettili lombrichi e microrganismi. L’agricoltura conservativa nacque negli anni 30 negli Stati Uniti per contrastare la massiccia erosione eolica determinata proprio dal dissodamento delle praterie e si caratterizzò con l’abbandono dell’aratura del terreno. L’aratura è una pratica antica utilizzata per preparare il letto per la semina, di fatto però l’aratro che conosciamo oggi, è solo un lontano parente dell’attrezzo che ha storicamente accompagnato la lunga evoluzione dell’agricoltura, con l’inserimento del vomere, avvenuto solo nel secolo scorso, l’aratura prende la forma e la consistenza che conosciamo oggi compromettendo irrimediabilmente il millenario sodalizio agricoltura-suolo. Forme di agricoltura alternative a quelle convenzionali, nate dalla sperimentazione avvenuta negli Stati Uniti il secolo scorso oggi sono diffuse su oltre 120 milioni di ettari nel mondo, localizzati soprattutto in Argentina, Brasile, USA, Canada e Australia. Il ritardo dell’Europa è attribuibile in larga parte alla politica agricola comunitaria che per anni ha erogato sussidi rivolti all’intensificazione produttiva, trascurando l’ambiente, e alla disponibilità limitata di macchine agricole capaci di operare su terreno sodo e in presenza di residui colturali, in sostanza mancavano seminatrici in grado di incidere il terreno non lavorato, di depositare il seme con regolarità e alla giusta profondità e di ricoprirlo convenientemente. L’Agricoltura Blu consente di abbandonare i tradizionali attrezzi agricoli come l’aratro, gli erpici e le trattrici ad elevata potenza, generando un risparmio consistente dei costi complessivi di coltivazione che negli ultimi anni sono lievitati anche a causa del rincaro dei carburanti che hanno limitato la competitività delle piccole e medie Aziende specialmente alla luce dei ridimensionamenti dei sostegni comunitari. Altro beneficio è la diminuzione di emissioni di CO2 nell’aria, non solo determinate dal ridotto utilizzo di combustibili fossili, ma anche dal mancato arieggiamento del terreno che così non rilascia il CO2 immagazzinato dai residui colturali che l’avevano sottratto all’atmosfera tramite la fotosintesi.

IMG_4005I capisaldi dell’Agricoltura Blu sono:

• La non lavorazione del terreno, promuovendo il minimo disturbo meccanico del suolo, evitandone l’ossidazione e la dispersione di CO2 nell’ambiente.

• Mantenere una copertura vegetale permanente sul terreno, favorendo la conservazione della sua fertilità, riducendo sensibilmente l’evaporazione grazie all’azione pacciamante,            l’erosione e il compattamento del suolo.

• Favorire l’adozione di adatti avvicendamenti colturali che prevedano le colture di copertura.

• Un’attenta gestione delle malerbe.

Generalmente affinché un sistema di agricoltura conservativa giunga ad un nuovo equilibrio agro-ecologico, occorrono 3-5 anni durante i quali potrebbe verificarsi una riduzione delle rese; raggiunto il “regime biotico sodivo”, le rese hanno un sensibile miglioramento fino a diventare pari o superiori. Come ogni innovazione, in modo particolare in un contesto agricolo, così tradizionalmente conservativo, è necessario un cambio di atteggiamento mentale. E’ una sfida, alla portata di chiunque purché pronto al cambiamento.

Documentazione e materiale fotografico gentilmente fornito dalla AIGACoS

www.escolazio.it
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