Cyberbullismo: il fenomeno del terzo millennio
di Alessia Micoli
C’è un’età in cui il mondo è una promessa, in cui sembra tutto affascinante, in cui tutto sembra facile; l’adolescenza è un momento travagliato in cui il minore si sente padrone di sé e di ogni cosa che lo circonda ma purtroppo dietro l’angolo vi sono mille insidie e tanti problemi che deve affrontare. Uno dei problemi più delicati riguarda la tecnologia, difatti i minorenni del 2000 hanno tutti uno smartphone o un tablet ma la maggior parte di loro non conosce i problemi che questi strumenti possono creare. Non sanno che c’è qualcuno che può utilizzarli a loro insaputa per aggredire, schernire, deridere o ricattare loro od altri coetanei. Questa serie di azioni “negative” ondine fanno parte di un n uovo fenomeno: il cyberbullismo. Il cyberbullismo è quell’insieme di azioni aggressive, prepotenti e intenzionali che avvengono tramite l’utilizzo della messaggistica (sms, mms) foto, video, siti web e chiamate telefoniche che hanno come obiettivo il fare male, recare danno o danneggiare qualcun altro. Le vittime del cyberbullismo hanno un’età compresa tra i 10 ed i 16 anni, sono minori che hanno una competenza informatica superiore alla norma ed un’incapacità a valutare la gravità delle azioni compiute ondine. Spesso le piccole vittime tengono sotto silenzio le prepotenze ricevute online perché non conoscono l’esistenza delle leggi che li tutelano ed hanno paura. A differenza del fenomeno del bullismo dove la vittima rientrava a casa e trovava un rifugio sicuro cioè un luogo in cui il minore era protetto, nel fenomeno del cyberbullismo le perseguitazioni non finiscono mai in quanto i cyberbulli si possono infiltrare ovunque e non mollare mai la vittima. La percezione di anonimato o di invisibilità stimola, nei cyberbulli, dei comportamenti abnormi che non potrebbero essere messi in atto nella vita reale. È un fenomeno molto particolare poiché non vi è il tornaconto personale del “molestatore virtuale” che non vede la reazione di sofferenza della vittima ma che è assettato di malignità.
Cosa poter fare di fronte questo fenomeno? I genitori devono mantenersi aggiornati sulle evoluzioni delle comunicazioni in modo tale da rendere consapevoli i ragazzi delle conseguenze alle quali potrebbero andare incontro; devono essere attenti a leggere i campanelli di allarme, ovvero i sintomi delle vittime: mal di pancia, mal di testa, bassa autostima, ansia, depressione. Fondamentale diviene la corretta informazione ed educazione che deve partire sia dai genitori che dagli insegnanti; la scuola diviene un luogo importante di incontro tra genitori e docenti in merito alla nuova cultura e di ascolto per gli alunni che hanno bisogno di aprirsi e confidarsi. I ragazzi devono capire che non sono soli, che devono riuscire a parlare con chi li può, li sa ascoltare ed aiutare (genitori, insegnanti, psicologi, ecc.). Bisogna far capire ai giovani che la vita sui social non è virtuale ma reale e che in ogni momento chiunque si trovi ondine può essere “tracciato” ed individuato dalla Polizia Postale.