L’isola di Ventotene fra terra e mare
“Io imbarco passeggeri solo dopo che la nave è carica”. Così rispondeva con sarcasmo la bella e adultera Giulia, a chi si stupiva del fatto che i suoi cinque figli fossero tutti il ritratto del padre, a dispetto della sua condotta. La storia racconta che, stanca di obbedire alla ragion di stato, la figlia dell’imperatore Ottaviano Augusto, si diede a frequentare circoli letterari d’avanguardia, a vestirsi in modo spregiudicato e a circondarsi di uno stuolo di spasimanti. Per porre fine alle maldicenze il padre decise di allontanarla da Roma esiliandola a Ventotene che fu di certo un magnifico confino. Un concentrato di natura, mare, storia e leggende, testimone di gesta millenarie iniziate con Ulisse che ascolta il canto delle sirene lungo le sue scogliere. Oggi Ventotene è una delle cinque meraviglie dell’arcipelago pontino, o ponziano che dir si voglia. Un lembo di terra lungo poco più di 2 km con scogli a picco, grotte, approdi naturali e calette nascoste dove il
lusso consiste nell’essere in pochi, così da poter vivere il mare, immergersi nella natura e, perché no, godere dei piaceri enogastronomici. Un’isola piccola e assoluta come l’azzurro del suo mare, che diventa meta di un turismo orgogliosamente diverso, con ritmi lenti e giornate tranquille. La vita sull’isola è fatta di incontri rituali al bar, in piazza o al porto e di chiacchiere sotto le pergole delle colorate case di campagna. Nei secoli il mare e il vento hanno scolpito la sagoma di quest’isola di chiara origine vulcanica che ci sorprende con lo straordinario spettacolo del porto antico, interamente ritagliato nel tufo. Il territorio è caratterizzato da abitazioni sparse e poche strade. Un grappolo di case dalle facciate dipinte di bianco, giallo o rosso pompeiano si raccolgono attorno a Piazza Castello. Di fatto il nucleo abitato si concentra intorno all’antico maniero, iniziato sul finire del Settecento e fortificato prima nel periodo fascista e poi nel corso degli anni ’70. Verso la fine degli anni ’30 l’isola di Ventotene torna, infatti, alla sua originaria funzione d’isolamento diventando confino politico di massa del fascismo. E proprio qui furono relegate figure di spicco dell’ambiente antifascista, come Sandro Pertini e Camilla Ravera. Oggi è la sede del municipio ed ospita l’Antiquarium comunale dove vengono custodite ancore ripescate dai fondali, anfore e frammenti di affreschi recuperati dalla grandiosa villa romana a Punta Eolo. Un altro importante punto di aggregazione è la Chiesa di Santa Candida, patrona dell’isola, che ogni anno viene celebrata dal 10 al 20 settembre con grandi festeggiamenti e importanti momenti di folklore. E’ la festa più bella, a cavallo del passaggio tra estate ed autunno. In realtà Ventotene mostra le sue meraviglie in ogni stagione e durante tutto l’anno, quintessenza dello spettacolo del Mediterraneo. Gli inverni sono silenziosi e il vento fa compagnia ai residenti, neanche mille sulla carta e ancor meno nella realtà. Al risveglio della primavera esplodono colori e profumi intensi. Il mare è protagonista indiscusso dell’estate, per prendere il sole o fare una nuotata nell’acqua limpida che si fa conoscere in tutte le tonalità del blu. In più splendidi fondali in technicolor, ricchi e suggestivi, tra i più belli del Mediterraneo che con la loro varietà offrono spettacoli di ogni genere per tutti i subacquei. Ma anche fuori dall’acqua si mostrano scorci panoramici e paesaggi strepitosi. La ricca vegetazione, il profumo di origano e rosmarino, le famose coltivazioni di lenticchie e i moltissimi uccelli, sia stabili che migratori. Le notti stellate offrono momenti magici e ognuno può trovare il suo angolo preferito in questo pezzetto di paradiso. Oggi l’isola si vive per il mare e la natura ma lo sguardo cade spesso oltre la punta del faro dove si erge l’isola di Santo Stefano. Compresa nel territorio di
Ventotene e distante circa un miglio marino, è poco più di un grande scoglio, separato da una sottile striscia d’acqua. L’isolotto è dominato dall’ex ergastolo borbonico, costruito sul finire del Settecento ospitava delinquenti comuni, irredentisti ed anarchici, fino ai detenuti antifascisti. Abbandonato nel 1964 è un edificio immenso a forma di ferro di cavallo che si raggiunge percorrendo una salita di circa duecento gradini. Nel piccolo cimitero ormai deserto campeggia la scritta “Qui finisce la giustizia degli uomini e incomincia la giustizia di Dio”. Sul punto più alto dell’isola la mole del penitenziario è ben visibile, l’isola è ormai disabitata ma, mare permettendo, è raggiungibile in dieci minuti di barca e visitabile con tour guidati.